Stiamo parlando di senape e mostarda, termini che inglesi e francesi francesi usano indifferentemente come sinonimi mentre da noi indicano due cose che si differenziano non poco. Vediamo se riusciamo a capirci un po’ di più:
La pianta, appartenente alla famiglia delle crocifere e i cui frutti erano già noti ed apprezzati in Cina tremila anni prima di Cristo, è presente in tutto il bacino mediterraneo nelle sue quattro varietà: sinapis alba o brassica alba (senape gialla o bianca), brassica juncea (senape bruna), sinapis nigra (senape nera), brassica sirvensi (senape selvaggia).
L’arbusto, dai fiori giallo acceso e dal fogliame verde squillante, può arrivare all’altezza di 2 metri ed il frutto, a forma di baccello, contiene numerosi grani di senape, pregevoli dal punto di vista nutritivo poiché contengono il 25-32% di proteine e nessuna traccia di colesterolo.
I semi macinati hanno un profumo intenso e pungente, un sapore aspro, irritante, che sprigiona una sensazione di calore tipica dei cibi piccanti e conferisce un gusto inconfondibile alle preparazioni gastronomiche.
Ma che differenza c’è tra senape e mostarda? La lingua ha ingenerato una certa confusione.
In Inghilterra ed in Francia, con i nomi mustard e moutarde, si indicano indifferentemente la pianta, i semi e le salse che ne derivano.
La mostarda, nella sua accezione italiana, è una preparazione piccante a base di senape ma la parola deriva dal latino mustum (mosto), poiché il mosto di vino era un ingrediente basilare in alcune salse.
Parallelamente all’utilizzo di mosto, aceto e senape come condimento e agente conservante, si è sviluppata l’usanza di preparare la frutta per i mesi invernali, associando allo zucchero le proprietà antiossidanti ed energetiche della stessa spezia.
La mostarda italiana, come la conosciamo ai giorni nostri, è caratterizzata dalla presenza di frutta candita contenuta in uno sciroppo aromatizzato con una quantità variabile di senape. Anche se la tradizione regionale italiana ha dato origine a mostarde diverse, quelle più famose sono quelle tipiche del nord, emiliane, lombarde o venete: quella cremonese , dai coloratissimi frutti interi immersi nello sciroppo, quella mantovana di mele cotogne, più delicata, quella veneta , sempre di mele ma setacciata con scorze d’agrumi canditi, quell’astigiana , fatta veramente con il mosto ma senza alcuna traccia di senape.
Si possono definire mostarde anche tutte quelle salse piccanti fatte con frutta diversa – fichi , albicocche , melone, pomodori verdi, arance , pere – particolarmente gradevoli soprattutto in abbinamento a formaggi freschi e stagionati. Non si può infine dimenticare la cotognata : dalla consistenza solida e dal sapore inconfondibile, pur non essendo senapata, si affianca a pieno titolo agli altri prodotti di cui è parente prossima.
Attualmente la senape è coltivata su scala industriale, soprattutto in Francia ed in Germania; seminata in maggio, dà i propri frutti due mesi più tardi, rigenerando nel contempo i terreni e contribuendo alla loro riossigenazione.
I Francesi, orgogliosi delle proprie tradizioni, seguono ancore tecniche antiche di produzione. I semi, macinati e ridotti in farina, vengono mescolati con erbe officinali, spezie, aceto, sidro o birra, secondo formule tenute segrete . La moutarde – che forse prende nome da una contrazione di moût ardent – è classificata in base alla sua piccantezza ed aromaticità.
Comunque sia, dolce o piccante, nostrana o proveniente dal resto del mondo, la mostarda è un prodotto che conserva un sapore antico, delizioso accompagnamento di carni fredde e bollite, stuzzicante ed esotico come condimento d’insalate, ingrediente segreto di tanti piatti, dai ravioli di zucca alla farcia per la cacciagione di piuma.
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